Musk, Twitter, le fake news e il diritto di parola.
Dove va Twitter?
Spirano venti di guerra tra L’Unione Europea, decisa a regolamentare i contenuti online, ed Elon Musk, pronto a difendere ad oltranza la libertà di parola online.
Con l’approvazione del Digital Service Act, il DSA in breve, l’Unione Europea ha raggiunto un accordo che, nelle parole di Ursula von der Leyen, è storico.
La nuova legge costringerà le grandi piattaforme online a moderare i propri contenuti ed adottare nuovi criteri di trasparenza in Europa, nel tentativo di combattere le fake news che negli ultimi anni si sono rivelate un problema serio per le democrazie di tutto il mondo.
Quello tra Europa e regolazione è un matrimonio di lunga data, almeno quanto quello tra Stati Uniti, la patria delle grandi piattaforme, e non interferenza.
Il nuovo corso andrà a toccare anche un altro dei temi dei temi più cari agli Usa, forse il diritto principe nel nuovo mondo, quello alla libertà di parola.
Ed infatti, i primi malcontenti non hanno tardato ad arrivare: a farsene ambasciatore Elon Musk, proprietario di Twitter, che ha dichiarato di non voler aderire al nuovo codice di condotta, a costo di rimanere escluso dai confini europei.
Un mercato, quello europeo, che per Twitter è già secondario, con buona pace di chi quel social lo utilizza come principale strumento di lavoro.
Dall’acquisto della piattaforma come reazione maturata dopo il ban permanente da Twitter dell’ex presidente Donald Trump, Musk non ha mai fatto mistero del suo amore per la libertà di parola, di cui si è persino autodefinito un “estremista”.
Ed è stata proprio questa ossessione il fil rouge della gestione Musk di Twitter, con una serie di decisioni controverse di cui questa sul DSA non è stata nè la prima nè sarà sicuramente l’ultima.
Basti pensare al licenziamento in tronco di molti dipendenti la cui unica colpa è stata quella di averlo contraddetto, in barba al libero pensiero.
Negli scorsi mesi in nome della libertà di espressione il magnate sudafricano aveva fatto discutere per la sua decisione di introdurre un sistema di abbonamento mensile, denominato “Twitter Blue”, per mantenere la spunta blu (rimuovendola dunque da chiunque non volesse pagare gli otto dollari richiesti), ovvero l’unico strumento a disposizione degli utenti per distinguere un account ufficiale o istituzionale da uno qualunque.
Uno strumento fondamentale considerata la mole di informazioni che circola su Twitter, che è divenuto col tempo un mezzo di comunicazione primario tra politici, giornalisti e cittadini.
Il contraccolpo è stato tale da costringere Elon Musk a tornare sui propri passi, almeno parzialmente, con la reintroduzione della spunta per alcuni utenti con un bacino di follower di circa un milione di utenti.
A dirla tutta, gli utenti non sono stati gli unici scontenti della gestione Musk di Twitter.
Gli inserzionisti stessi hanno ridotto progressivamente gli investimenti sul servizio: portando, stando alle cifre riportate in un articolo del The Guardian, a perdite del 40% solo nei primi mesi dell’acquisizione, cifre che non hanno fatto che peggiorare con il disastro che è stato Twitter Blue.
Un colpo durissimo, considerando che quella degli inserzionisti è la principale fonte di entrate del social in questione.
Dove andrà Twitter a questo punto è ancora incerto, soprattutto sul territorio europeo, intenzionato a far valere la propria legislazione.
L’unica cosa davvero certa della nuova gestione, per ora è l’imprevedibilità del suo ideatore.
Elon Reeve Musk nato a Pretoria il 28 giugno 1971, imprenditore sudafricano con cittadinanza canadese, neutralizzato statunitense.
https://it.wikipedia.org/wiki/Elon_Musk#cite_note-1
https://www.consilium.europa.eu/it/infographics/digital-services-act/
Foto di copertina: open.online