Una coincidenza astrale crea una situazione assai particolare, forse unica nella storia, almeno di quella del ‘900.
1913. Vienna. Dove, lo scoprirete leggendo…
Cammina piano, sembra assorto, in piena riflessione.
Arriva in Herrangasse, al civico 14. Si ferma e prima di spingere la porta per entrare osserva alla sua sinistra e poi alla sua destra, con attenzione.
Scruta il marciapiede di fronte all’ingresso come se si aspettasse di vedere qualcuno ma ad attenderlo ci sono solo i rifessi delle vetrine dei negozi prospicenti la via, anzi la Strasse.
Un uomo con gli occhiali
È un uomo di corporatura normale, circa un metro e settanta centimetri.
Porta gli occhiali che ha appena cambiato. Ha perso qualche decimo, forse è uno dei tanti effetti che le cure per l’incipiente cancro alla mascella gli stanno regalando.
Entra, lo guardano e molti lo riconoscono, uomini e donne. Gli uni con rispetto le donne con curiosità e interesse. Si guardo in giro, ascolta con qualche divertimento il fruscio che gli abiti femminili provocano nel movimento di girarsi a guardarlo; con qualche compiacimento ascolta con la mente i sorrisi che partono verso di lui.
Un cameriere
Un cameriere si avvicina, deferente e gentile. “Guten Morgen Herr Doktor. Der Arzt erwartet Sie am Tisch 14. Ich begleite Sie, wenn Sie es erlauben.”
Certo, caro Hans, mi porti al tavolo del mio, fu, caro principe ereditario…
Carl, in arrivo da Londra per una breve visita, lo aspetta seduto al tavolo, un caffè lungo con panna avanti a sé. Non si alza, guarda dritto negli occhi il suo ospite. “Morgen, Doktor Sigmund. Ho appena ordinato il suo solito caffè nero e forte”.
Sigmund Freud e Carl Gustav Jung
Sigmund Freud e Carl Gustav Jung cominciarono a parlare fitto, con qualche nota appena più alta da parte di Jung che sembrava più aggressivo.
Freud lo ascoltava in un atteggiamento amareggiato, sconsolato a tratti triste. Ma gli occhi attenti, vispi e un poco affetti da quella superiorità che aveva sempre avuto per il suo discepolo Carl, che si perdeva ahi lui in esoterismi vari, in sciocchezze come l’alchimia.
Un uomo magnetico
Entrambi d’un tratto si fermarono e guardarono verso l’ingresso.
L’uomo appena entrato aveva qualcosa, qualcosa di magnetico.
Non certo per l’eleganza, anzi, sembrava vestire in un modo trasandato, con abiti vecchi e logori, insomma un uomo sciatto ma…Ma l’azzurro dei suoi occhi, in contrasto con il castano dei capelli, avevano la capacità di penetrarti, di guardare nella tua anima.
Adolf, credo si chiami Hitler
Freud, chiamò il cameriere Hans e gli chiese: “Hans, chi è quel signore appena entrato, quello vestito di grigio, non tanto alto…?”. “Her Doktor, quel signore si chiama Adolf, credo Hitler di cognome.
Passa interi pomeriggi qui da noi. Prende un caffè o poco altro e rimane qui sino a sera. Parla con gli artisti, letterati e pittori. ascolta perlopiù…”
“Carl hai visto gli occhi di quel signore, Hitler pare si chiami?” “Si Doktor Sigmund, sono penetranti e inquietanti al medesimo tempo. Magnetici direi, certamente determinati. Chissà come utilizza questo sua caratteristica…”.
Adolf Hitler raggiunse un gruppetto di persone, artisti certamente pittori forse, che discuteva animatamente di politica. Subito catalizzò l’attenzione di tutti…
Due signori
Di lì a poco la porta si spalancò per lasciare entrare altri due signori, che nemmeno entrando smisero mai di parlare sottovoce ma era come se urlassero.
Si trattava di Lev Trotsky e di un altro misterioso personaggio.
Qualcuno dice Stalin ma certezza non c’è.
Anzi stando alle carte Stalin a quel tempo doveva trovarsi confinato in Siberia, località dove poi si prese la rivincita di mandare a morire centinaia di migliaia di persone, forse qualche milione con buona pace dei comunisti nostrani. Certamente invece era nota l’identità della persona che raggiunse la coppia.
Josip Broz Tito
Si trattava di Josip Broz Tito, in allora operaio metalmeccanico e poi destinato a diventare il Presidente della Jugoslavia socialista sino al 1980, anno della sua morte.
Molti italiani polani e istriani si ricordano bene di lui e dei partigiani titini, magari anche voi se scrivo “Foibe”.
Poco più in là ma distante solo pochi metri da tavolo dove solitamente Trotsky era uso scrivere i suoi articoli per la Pravda e giocare a scacchi sedevano due signori eleganti, Arthur Schnitzler e Franz Kafka che spiluccavano una SacherTorte e dialogavano amabilmente.
“Hans caro hai scoperto chi è quel signore che accompagna quel ridicolo rivoluzionario teppistello fanatico a nome Trotsky?”, “Jawohl Herr Adler.
Mi dicono si tratti di un amico intimo del signor Trotsky, pare si chiami Linen, anzi no, Lenin.
Lenin
In effetti c’era anche lui, Lenin, il cui nome completo era Vladimir Ilich Ulianov.
Certo lo conoscete, magari qualcuno di voi ha visitato il suo mausoleo sulla piazza rossa.
È stato un leader rivoluzionario e politico di livello mondiale; è stato il principale ideologo e leader della Rivoluzione d’ottobre del 1917 in Russia, che ha portato alla presa del potere da parte dei bolscevichi e alla creazione dell’Unione Sovietica quella che ci ha lasciato in eredità il signor Putin, ex agente di spicco del famigerato KGB.
Viktor Adler
Ma torniamo a noi. Quel signor Adler che ha chiesto al nostro amico Hans di Lenin, altro non era che Viktor Adler, noto leader socialista austriaco ben conosciuto oltre confine.
D’improvviso, guardando il suo vicino di tavolo conte Leopold Von Berthold, ministro degli esteri austroungarico, gli chiese: “Leopold non credi che la guerra provocherà la rivoluzione in Russia? “Caro Viktor che storia ti inventi…Chi la farebbe mai la rivoluzione in Russia, quel fanatico di Bronstein (Lev Davidovič Bronštejn vero nome di Trotsky)?
Si sbagliò di molto, Trotsky di lì a poco la rivoluzione la fece davvero…
Tutto inventato?
Voi, cari lettori, pensate che mi sia inventato tutto. Vi sbagliate.
Non ho messo sul palcoscenico attori che incontrarsi non potevano per una sorta di finzione teatrale.
Quello che vi ho raccontato successe davvero in un pomeriggio di gennaio del 1913 al Cafè Central di Vienna. Andateci, esiste tuttora.
Cafè Central di Vienna
Il Cafè Central, fondato dai fratelli Pach nel 1876, è collocato all’interno del Palais Ferstel, uno splendido edificio in stile neo-rinascimentale che già di per sé è un’opera d’arte.
Il Cafè, al proprio interno mantiene le promesse.
Gli interni sono altrettanto affascinanti: soffitti altissimi, colonne maestose, lampadari scintillanti e arredi eleganti vi avvolgono in un’atmosfera raffinata che sembra pensata per stimolare conversazioni assai profonde e visionarie. Sedetevi e godetevi un pezzo di storia.
Apfelstrudel
Il Cafè Central è anche capace di proporvi cose che solleticheranno aspetti molto più terreni di voi stessi. Eccone un esempio tangibile: Apfelstrudel, un classico strudel di mele, preparato con pasta sfoglia sottile, mele fresche, uvetta, zucchero e cannella, servito con una abbondante porzione di panna montata; SacherTorte, celebre torta viennese al cioccolato, spalmata da una glassa di cioccolato fondente e accompagnata da un ciuffo di panna montata; Topfenstrudel, strudel ripieno di ricotta e uvetta, un dolce delicato e cremoso che certamente vi conquisterà.
Sappiate che non siete gli unici golosi.
Egon Schiele
Vi tengono buona compagnia anche Egon Schiele, l’artista espressionista, che frequentava il Caffè Central con Gustav Klimt. Entrambi indulgevano spesso nel trovare le energie appropriate per sostenere le proprie teorie con i dolci del Cafè Central.
Comunque la mettiate, quel pomeriggio in quel Cafè si trovarono per chissà quale coincidenza astrale alcune delle menti che cambiarono la storia del mondo, alcune purtroppo la cambiarono in peggio.
Una fetta di SacherTorte?
Fonti: www.wikipedia.it; www.psicolinea.it; www.cafe.central.wien;www.lamentemervilgliosa.it
Interessante non conoscevo questa pagina di Storia pur essendone un amante. Grazie dott. Santini.