Signora Presidente del Consiglio dei Ministri,
Onorevole Giorgia Meloni
un cafone di nome Giuseppe Di Vittorio disse in questa stessa aula che “la fame, la fatica e il sudore non hanno colore”.
Oggi, da cafone, voglio parlare a nome di chi, fuori di qui e indipendentemente dal colore della pelle, conosce – come me – la fame, la fatica e il sudore. Di chi è precario, sfruttato, dimenticato, umiliato, marginalizzato, reso invisibile e scarto.
Oggi vogliamo anche parlare a nome di chi – come me – porta su di sé le cicatrici della violenza del razzismo e della discriminazione in base al colore della pelle, alla provenienza geografica, all’orientamento sessuale e alla diversa appartenenza religiosa.

Parliamo a nome “di chi ha fame e di chi è discriminato” perché la nostra bella Carta Costituzionale – sulla quale avete appena giurato fedeltà e che avete fretta di cambiare – è fondata sui valori dell’uguaglianza, della giustizia sociale, del rispetto dei diritti civili, dell’antirazzismo e dell’antifascismo.
Forse prima di voler stravolgere la nostra Costituzione, bisogna ricordare che, come diceva Sandro Pertini, “dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza.”