Anno 2005, Papa Ratzinger e I Braghettoni dello Stato

Anno 2005, Papa Ratzinger e I Braghettoni dello Stato

Sul numero 3 (settembre – ottobre) 2005, della storica e prestigiosa rivista, Scena Illustrata, furono pubblicati una serie di articoli e interviste di assoluto valore sociale e culturale, il cui tema gravitava attorno alle problematiche e al dibattito, di allora, relativo alla dicotomia spirituale-temporale. Nello specifico si faceva riferimento al dibattito referendario di quel periodo nel quale, a detta di molti, la Chiesa era entrata un po’ a gamba tesa e il cui artefice fu individuato nel neo eletto Papa, Benedetto XVI, Joseph Ratzinger. Oggi a poche ore dalla sua scomparsa vogliamo riprendere alcuni passi di quegli articoli, riproponendoli perché riteniamo, ancora, di assoluto interesse e di un’attualità strabiliante. In una lunga e intellettualmente colta intervista dal titolo, I braghettoni dello Stato, (Scena Illustrata, n. 3-2005, pag 51 – di Michele Petrocelli) che l’allora governatore della regione Puglia, Nichi Vendola, esponente di Rifondazione Comunista ma proveniente da forti esperienze quali Pax Christi e Azione Cattolica, mi rilasciò, a Milano, nell’estate del 2005, tra le tante tematiche affrontate, ci fu anche quella relativa al passaggio di “potere” nella Chiesa di Roma tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Vogliamo riproporne domanda e risposta. 

Nichi Vendola oggi

Dalla morte di Giovanni Paolo II, e con Benedetto XVI, sembra che ci sia un ritorno alla reazione da parte della gerarchia della Chiesa. Che cosa ne pensa? 

«La mia impressione è che ci sia un tentativo di neutralizzazione dello spirito conciliare che invece è vissuto, nonostante tante contraddizioni, nel papato di Wojtyla. È vissuto soprattutto per i forti accenti ecumenici e universalistici del suo magistero. È vissuto anche per tanti segni di grande umanità, penso al Papa della vecchiaia che scopre con accenti di straordinaria tenerezza la pastorale dell’etica del volto, del rapporto con gli anziani, con i bambini. Penso proprio all’agonia del Papa, trasformata in una sorta di teologia della debolezza. Insomma, un papato grande sia pure, naturalmente, dentro forti spinte neodogmatiche e politicamente conservatrici, ma un papato fondato sulla possibilità di non avere paura e di lasciarsi contaminare da quel messaggio del Vangelo che ha una forza che nessuna conferenza episcopale può imbrigliare. Tanto è vero che sui nodi di fondo della nostra epoca e, sostanzialmente sul nodo pace-guerra, il Papa ha accenti che nessuna realpolitik riesce ad addomesticare. Il papato di Ratzinger nasce come una contrazione dell’eredità woitilana in senso schiettamente conservatore e a tratti reazionario. È un papato che si contraddistingue per la esplicitazione dell’uso politico della Conferenza episcopale e del suo organo di stampa che scandalosamente interviene come competitor dentro una contesa elettorale quale quella referendaria, che detta condizioni agli schieramenti politici che riguardano la possibilità di introdurre normative, leggi che rispondono ai principi di uno Stato pluralista. In qualche maniera il pensiero laicista liberal-conservatore e il pensiero neo-clericale si incontrano in questa drammatica messa in discussione del pluralismo. Quando Marcello Pera (presidente del Senato dal 30 maggio 2001 al 27 aprile 2006, ndr) contesta il multiculturalismo, sta dicendo in maniera arzigogolata che il laicismo riscopre il mito dell’Occidente. Parlo di un mito, non di una tradizione: tutte le tradizioni sono invenzioni, prodotti culturali. La tradizione che inventa il mito del- l’Occidente è fondata su straordinarie imposture storico-filosofiche perché l’Occidente come luogo di una identità cristallina esiste soltanto nella testa di chi lo propone. Sullo sfondo sembra di vedere il galleggiamento di talune nostalgie, la nostalgia dell’Europa carolingia, la nostalgia di una Porta Pia senza breccia. Sono tentazioni diaboliche, quelle del neotemporalismo per la Chiesa, tentazioni diaboliche quelle di un pensiero laico che di fronte alle proprie incongruenze e alla propria incapacità di dire parole importanti sulle novità tragiche del tempo nostro, affida a una Chiesa il compito non solo della predicazione etica, ma anche della legislazione etica». 

DI seguito il link al discorso (molto discusso) che Papa Benedetto XVI tenne il 12 settembre 2006 all’Università di Regensburg.

https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2006/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20060912_university-regensburg.html

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